23 MAGGIO 2023, 31 ANNI DOPO CAPACI
Sono passati 31 anni da quel tremendo boato. 500 chili di tritolo per fermare il giudice simbolo della lotta a cosa nostra, colui che, insieme a Paolo Borsellino (anch’esso trucidato meno di due mesi dopo), aveva istruito il maxiprocesso, il primo vero grande processo alla mafia siciliana.
Quel 23 maggio 1992 – in piena epoca stragista – a Capaci persero la vita il Giudice Giovanni Falcone, la sua compagna Francesca Morvillo anche lei magistrato, gli agenti della scorta. Una tragedia che mise in ginocchio l’intero Paese, o meglio, la parte sana del Paese.
Si sa, si muore quando si resta soli, e il giudice Falcone era stato lasciato solo ed anche osteggiato, da uno Stato che aveva collisioni con le organizzazioni mafiose, da uno Stato che con la mafia preferiva trattare che combatterla (a Falcone e Borsellino fu, tra le altre cose, inviato il “conto” per la “vacanza” passata nel carcere dell’Asinara ad istruire il maxiprocesso) ed il risultato fu drammatico.
È difficile scrivere un pezzo sul 23 maggio senza cadere nella retorica o nel “testo unicamente celebrativo” ma retorica e celebrazione fine a sé stessa sono proprio ciò di cui non c’è necessità. Quello di cui abbiamo bisogno, per non limitarci a celebrare gli anniversari di chi, come Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Lea Garofalo, Peppino Impastato, Pio La Torre, Placido Rizzotto e molte e molti altri ha dedicato la propria esistenza alla lotta alle organizzazioni criminali arrivando a pagare con la propria stessa vita è ben altro.
In primo luogo, c’è necessità di fare cultura antimafia, oggi le cosche sono più “discrete” investono i proventi illeciti in attività apparentemente legali ed hanno sostituito il tritolo con l’infiltrazione dentro i grandi appalti, pubblici e privati, nelle grandi opere inutili e dannose, nelle finte cooperative della logistica che sfruttano le lavoratrici e i lavoratori così come nel comparto agroalimentare, nel caporalato, nelle grandi aziende di deliveroo.
Cultura antimafia che dia alle persone gli strumenti per comprendere al meglio dove e come le organizzazioni si infilano, cultura che rimetta al centro la volontà di respingere al mittente i piccoli privilegi personali dati dal compromesso mafioso a fronte di una grande crescita collettiva. In secondo luogo, ma non certo per minore importanza, c’è il tema centrale dell’ antimafia sociale.
In una fase dove lo stato sociale del Paese è sotto attacco da parte dell’attuale governo di ultradestra che, tra le altre cose, attraverso lo smantellamento del codice degli appalti ha fatto alle mafie un regalo enorme, così come da parte di quelli passati di sedicente centrosinistra, intervenire socialmente è fondamentale per togliere terreno alle cosche.
È li che chi si interessa di lotta alla criminalità organizzata deve agire, difesa dei beni comuni, lotta alle privatizzazioni ed all’esternalizzazioni dei servizi che devono rimanere pubblici, difesa dell’ambiente e tutela del territorio, lotta alle grandi opere inutili, difesa della sanità e della scuola pubblica e via discorrendo.
Il lavoro da fare è tanto e certamente di maggiore difficoltà di comprensione all’esterno rispetto a 31 anni fa, quando lo stragismo mafioso era su tutte le prime pagine dei giornali, ma è un lavoro che va fatto.
Oggi, ad esempio, a Caltagirone nel quadro di una serie di iniziative in memoria di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e degli agenti della scorta si terrà un corteo che terminerà nel parco giochi di via Dante Alighieri che verrà in quella sede intitolato a Peppino Impastato raccogliendo la proposta e la petizione popolare lanciata da Rifondazione Comunista. All’iniziativa parteciperà anche il fratello di Peppino, Giovanni Impastato.
Solo così, lavorando sul paino della controinformazione e della cultura antimafia, come faceva Radio Aut a Cinisi, non faremo di date come il 9 maggio, il 23 maggio, del 19 luglio e moltissime altre solo delle ricorrenze e le trasformeremo in ciò che sono: dei grimaldelli della lotta alla mafia che, come diceva Peppino Impastato, era è e rimarrà sempre una montagna di merda.
Milano, 23 maggio 2023
Fabrizio Baggi,Segretario regionale Partito della Rifondazione Comunista – Lombardia