Il Nostro tempo è ora!
Non può esistere una politica abitativa in Italia senza un movimento di lotta per la casa
Il diritto alla casa si riconquista solo con l’unità e la lotta di tutti gli sfruttati!
di Giovanni Carenza – responsabile politiche abitative Prc Lombardia
La situazione attuale:
Il Governo, incalzato dalla crisi sociale e sanitaria del Coronavirus, ha prorogato il blocco della esecuzione degli sfratti al 31 dicembre 2020, come richiesto dalle forze sociali che hanno animato la Campagna “L’Emergenza è l’affitto!”. Simultaneamente ha prorogato il blocco dei licenziamenti e la cassa integrazione straordinaria ma chi lavorava a tempo determinato o le finte partite iva non si sono visti rinnovare il contratto o la commessa, e molti di questi lavoratori precari o intermittenti rimarranno appesi al filo dei 600 euro o del reddito di cittadinanza e delle varie forme di assistenza messe in atto dal Governo per tutto l’anno in corso.
A luglio, Il Sole 24 Ore stima per il 2020 una perdita di almeno 1,2 milioni di posti di lavoro, sempre che non si riaccenda il contagio in tutto il paese. E’ evidente che una situazione del genere, con il blocco parziale o totale, nei tre mesi di lockdown, di molte attività piccole e medie ha determinato una perdita di reddito tale per cui chi già faceva fatica prima del coronavirus adesso accumula debiti su tutta la linea ( affitto della casa o del negozio, mutui, prestiti personali, bollette…). Le organizzazioni sindacali e i movimenti per la casa hanno a più riprese chiesto al Governo di stanziare risorse adeguate a sostenere tutte le famiglie in difficoltà con il pagamento dei canoni a partire dal mese di marzo 2020. La risposta del Governo è stata tardiva e molto parziale. Solo 70 i milioni stanziati per l’emergenza affitto a fronte di una richiesta che partiva da 450 milioni.
Questi fondi sono stati poi ripartiti tra le Regioni e vengono messi a disposizione prevalentemente attraverso bandi comunali. Sono centinaia di migliaia, in Italia, le famiglie che hanno chiesto un sostegno per il pagamento del canone di locazione abitativo. Centinaia sono ogni giorno le richieste di convalida degli sfratti trasmesse ai Tribunali.
Il paradigma neoliberista della scarsità:
A Milano, per esempio, su 17000 domande di sostegno all’affitto presentate ne potranno essere accolte solo circa 4500, da fine luglio a settembre, sommando tutti i fondi disponibili provenienti da Governo, Regione, Comune e Fondo di Mutuo Soccorso; il contributo sarà di 1500 euro a nucleo, per un massimo di 4 mensilità, e i fondi complessivamente utilizzati circa 7 milioni. Resteranno tagliati fuori solo a Milano città oltre 12000 richiedenti. A Roma, a fronte di 49000 domande per il contributo straordinario la città avrà a disposizione 24,5 milioni di euro, una cifra 3,5 volte più grande di Milano, ma comunque largamente insufficiente a dare una risposta concreta a tutti i richiedenti. Ipotizzando anche un contributo di 1000 euro a nucleo, solo la metà delle domande potrà essere soddisfatta.
La stessa dinamica di esclusione e selezione ( poche risorse, scarsa informazione e bandi chiusi in poche settimane) si ripresenta in molti se non in tutti i comuni ad alta tensione abitativa della Lombardia, come di recente denunciato dal presidio per la casa organizzato a Treviglio dai compagni della federazione del PRC di Bergamo. In Veneto la Giunta leghista ha deciso di dare la “bellezza” di 400 euro a nucleo famigliare ma solo a chi ha subito una perdita di almeno il 50% del reddito. E’ il solito teorema della scarsità delle risorse, brandito come una accetta per fare a pezzi ogni tipo di rivendicazione unitaria dei movimenti per la casa, scatenando l’ormai consueta guerra tra poveri, che devono rimanere tali e soprattutto divisi in tante sottocategorie sempre più deboli e ricattabili.
Lo stesso paradigma che ha prodotto barriere ( peraltro giudicate incostituzionali da una recentissima sentenza della Corte Costituzionale) all’accesso ai bandi per la casa in molte regioni del Nord, Lombardia e Veneto in testa che hanno portato a 5 gli anni di residenza minima continuativa come requisito per poter fare domanda di casa popolare, a prescindere dalla condizione di disagio abitativo vissuta dalle persone! La Corte Costituzionale ha sentenziato contro l’impianto della Legge regionale sulla Casa in Lombardia, giudicandolo appunto contrario ai principi di uguaglianza sanciti dalla Costituzione e chiede che vengano riformulate le graduatorie ricomprendendo le famiglie giudicate non idonee…ma i giornali della ricca borghesia paiono non essersene accorti …
E’ il paradigma del neoliberismo che tuttora impera, a dispetto di tutte le sentenze di Consulte e Corti Costituzionali!
L’austerità a senso unico rivolta solo e soltanto contro i lavoratori e le classi popolari. Lo stesso paradigma, usato tanto dalle forze politiche di destra, quanto dal centro e dal cosiddetto centro sinistra, non sempre con gli stessi argomenti ma certamente con un unico obiettivo, far pagare la crisi ai lavoratori e in particolare alle categorie più deboli e meno rappresentate dai sindacati tutti, precari, donne, migranti, operai non qualificati, lavoratori delle coop. in appalto e così via.
Paradigma che è stato usato per giustificare in tutti questi anni tagli alla sanità e alla scuola pubbliche, mentre si stanziavano miliardi di euro per le scuole e la sanità privata attraverso il sistema dell’accreditamento e dei bonus scuola o mentre si continuano a finanziare grandi opere inutili e dannose come la Tav, la pedemontana o il Mose … che sono oltre che uno scempio del paesaggio e del territorio uno strumento di spartizione delle risorse pubbliche tra (im)prenditori nostrani, banche e fondi di investimento internazionali.
Per rompere questo schema occorre mettere in campo una pressione dal basso continua e organizzare una campagna per il diritto alla casa come non se ne vedono da decenni in questo paese. Città per città, quartiere per quartiere; il tema dell’accesso alla casa per tutti, del canone sostenibile e della sua riduzione, dell’aumento delle risorse pubbliche destinate all’edilizia popolare deve diventare centrale in ogni lotta locale e vertenza economica e sociale lanciata da sindacati e forze politiche antiliberiste e di sinistra.
Occorre dare vita ad una vertenza nazionale perché il diritto alla casa torni in questo paese a essere un diritto costituzionale effettivamente garantito dalla Stato e non un privilegio per pochi fortunati o una condanna al ghetto a vita della povertà come succede sempre più spesso nelle periferie popolari delle grandi città.
Le cose possono anche cambiare, è già successo nella storia del nostro paese:
La casa deve tornare ad essere un diritto primario, non può essere una merce tra le altre merci. A partire dai primi anni ’80 i governi DC-PSI hanno cercato di manomettere le conquiste sociali del decennio precedente, tra cui la legge sull’equo canone appena varata nel 78 e lo sviluppo dei piani territoriali e urbanistici che le amministrazioni progressiste utilizzavano quale strumento di prevenzione delle speculazioni e di programmazione degli interventi urbanistici. Si costruì comunque meno edilizia popolare di quella che realmente serviva, solo il 5-6% del fabbisogno complessivo era coperto dall’edilizia sociale ma lo strumento dell’equo canone, per quanto osteggiato dalla proprietà, riusciva a contenere gli ardori della rendita.
La sbornia del proprietarismo, la corsa a diventare tutti proprietari è stata resa possibile certamente dal miglioramento delle condizioni materiali degli strati superiori della classe salariata nel corso di tutti gli anni ‘80, dal fenomeno della famiglia a due redditi, dei Bot con rendimento al 10%, e questo processo è esploso negli anni ’90 protraendosi fino ai primi anni 2000, alimentato anche dall’aumento demografico determinato dalle migrazioni interne e esterne e dalla formazione di nuovi nuclei famigliari grazie ai ricongiungimenti.
Ma questa festa della speculazione immobiliare e finanziaria è stata concepita per incrementare la produzione edilizia in Italia ( dove si passò in pochi anni a produrre 500 mila alloggi all’anno ! ) a esclusivo vantaggio di costruttori, banche, amministratori collusi con le consorterie mafiose, non per dare una risposta al crescente bisogno di case che c’era.
Ce ne stiamo rendendo conto oggi, con un paese dove gli sfratti eseguiti con forza pubblica sono più di 30000 all’anno e quelli richiesti tre volte tanto, mentre ci sono 7 milioni di case non abitate. Dove di sono centinaia di migliaia di persone in graduatoria per una casa popolare, mentre quelle che ancora ci sono restano sfitte e abbandonate al degrado o vengono vendute all’asta.
Le cose devono assolutamente cambiare …
… se ne stanno rendendo conto milioni di lavoratori, di ogni categoria e mestiere, raggiunti da una crisi economica, sociale e sanitaria che sta di colpo svelando le storture e le meschinità di un sistema economico e politico che non noi, ma i suoi fondatori (Tatcher e Reagan sul versante del potere politico , Hajek e Friedman su quello delle teorie economiche) chiamarono Neoliberismo. In Italia, dove il neoliberismo ha stravinto, gli investimenti in edilizia popolare sul budget statale sono pari allo 0,1%!!! E così è da 20 anni, cioè da quando sono stati aboliti i Fondi Gescal, in nome del profitto e della rendita.
Di fronte alle promesse del Governo Conte di inserire nell’agenda di governo un Piano Nazionale per l’Edilizia Sociale bisogna sviluppare una campagna martellante che parta dalla richiesta di congelare gli sfratti per tutto il tempo necessario a varare un Piano che dia risposte di tipo strutturale al problema abitativo in Italia, di abbassare in maniera generalizzata il livello dei canoni introducendo in tutte le città massimali non superiori ad un rapporto sostenibile tra reddito e canone, di realizzare il passaggio da casa a casa per le famiglie sfrattate per morosità incolpevole assegnando le case popolari sfitte e rifinanziando i fondi comunali per la morosità incolpevole e per la stipula di canoni a canale concordato, da imporre alla grande proprietà e agli enti immobiliari, anche attraverso requisizioni di proprietà abbandonate e sfitte da lungo tempo o attraverso l’autorecupero degli stabili occupati e in disuso da parte di cooperative di abitanti, come da tempo sostiene l’Unione Inquilini con Massimo Pasquini, con la proposta di un Piano regolatore di riuso e riconversione abitativa e sociale a consumo di suolo zero.
Bisogna passare dagli appelli e dalle denunce all’azione e alla organizzazione della protesta contro lo strapotere della rendita e del parassitismo immobiliare e delle amministrazioni colluse con questi poteri!
E dobbiamo compiere questo salto ora, in questa fase di potenziale cambiamento e di riapertura di un conflitto sociale prima che la narrazione populista (“ la colpa è del povero che non si impegna abbastanza e dell’immigrato e non di chi è sempre più ricco e specula sul bene casa !” ) prenda definitivamente il sopravvento. Non c’è altro tempo da perdere … il nostro tempo è ora!
Milano, 03/08/2020
