di Francesco “COCO” Macario.

La campagna referendaria per il NO al referendum costituzionale ha visto anche nella bergamasca sorgere un comitato provinciale e molti comitati nelle diverse aree e valli della provincia. I principali comitati sono sorti nell’Alto Sebino/Valle Camonica, Val Calepio, Val Cavallina, Val Seriana, Val Brembano/Imagna, a Seriate, Dalmine, Treviglio/Caravaggio, Romano, nell’Isola, e anche in altri centri minori.

Ai vari comitati hanno aderito, sotto l’egida dell’ANPI provinciale, le varie forze politiche locali della sinitra: Rifondazione Comunista, Possibile, SEL, dissidenti del PD, alcuni esponenti del comitato per la difesa della Costituzione di Bergamo (non tutti in quanto alcuni di quelli legati al PD si sono schierati per il SI), Giustizia e Libertà, diversi collettivi e numerosi sindacalisti, militanti, intellettuali della sinistra. In parte questi comitati si sono appoggiati sia alla struttura che alle relazioni che si erano intrecciate ai tempi della Altra Europa che nella bergamasca aveva avuto un discreto impatto.

La campagna è stata molto difficile, sia per l’aggressività del fronte del SI che ha teso a presentare i comitati per il No come dei conservatori. Tesi rafforzata dall’attivismo, relativamente modesto ma presente, dalle forze della destra che hanno scelto il No per motivi diversi da quelli della difesa della costituzione. In particolare la Lega che spesso è stata scelta come interlocutrice nei dibattiti dal PD ed è stata accreditata, assieme ai ciellini, nei dibattiti organizzati dalle varie parrocchie. Il PD ha puntato molto sul ruolo dei deputati, senatori, consiglieri comunali e sindaci, di questi pressoché nessuno (nemmeno della minoranza interna) si è chiaramente smarcato dalle posizioni di Renzi. Anzi qualche esponente di “sinistra” che inizialmente aveva espresso pubblicamente dubbi sulla riforma costituzionale si è velocemente riallineato ma mano che la controffensiva mediatica del PD si articolava.

Il primo risultato, inatteso da tutti, è stata l’altissima percentuale dei votanti, vicina all’80% nella bergamasca, un dato che ci fa capire che se i cittadini percepiscono che il loro parere conta sono ancora disposti a partecipare.

In ogni caso nonostante la profusione di mezzi e l’occupazione di ogni spazio di propaganda possibile, anche nelle zone e nei paesi di tradizionale presenza del PD ha in genere prevalso il NO. La chiave più corretta per interpretare questo risultato è quella sociale. Infatti a Bergamo città il Si prevale nei quartieri dell’alta borghesia (Città Alta, il centro) o della borghesia amministrativa (Loreto), pareggia nei quartieri piccolo borghesi (nei Borghi, Longuelo, ecc.), e perde clamorosamente nei quartieri popolari zone tradizionalmente di sinistra (Grumello, Colognola, Boccaleone, Celadina). A riprova del valore sociale e non politico del voto una considerazione particolare va fatta sui quartieri a nord della città in cui prevale la media borghesia (commercianti, artigiani, piccoli imprenditori) in cui, pur essendo tradizionali feudi urbani leghisti, il SI prevale.

Stesso scenario in provincia, con poche eccezioni in alta val Seriana (altro feudo leghista) e in alcun centri dell’Alto Sebino. Quasi ovunque prevale il NO, e dove la presenza dei seggi consente di disaggregare il voto si osserva la stessa dinamica della città: zone popolari per il NO e zone di media e alta borghesia per il SI.

Lo schiaffo subito ha da prima portato il PD locale ad ammetterla sconfitta, che localmente in alcune zone assume proporzioni catastrofiche, con i No altre il 70%, pur in presenza di percentuali altissime di votanti.

Dopo alcune vaghissime autocritiche gli esponenti del PD, minoranze comprese, hanno proceduto a organizzare il contrattacco nel tentativo di inquinare il senso e rovesciare l’esito del voto del 4 dicembre. In particolare i midia locali hanno iniziato a innalzare peana alla governabilità auspicando la nascita del cosiddetto Partito della Nazione, o quantomeno a un listone, che cerchi di fare il pieno dei voti superando la fatidica soglia del 40% che rimane in campo anche dopo il parere consulta sull’Italicum. L’ipotesi politica che viene sostenuta è del tutto politicista e non lascia nessuno spazio ai temi sociali, infatti in questo modo il gioco delle forze politiche verrebbe esaltato nelle sue componenti e nelle sue modalità più spregiudicate e avulse dalla realtà sociale. Accentuandone ulteriormente il distacco da quest’ultima, abbassando il credito delle istituzioni rappresentative e irrobustendo la contrapposizione fra il “basso” e l’ “alto” della società. Che è esattamente l’opposto di quello che ha rappresentato la vittoria referendaria, infatti come i dati disaggregati della bergamasca dimostrano, non è stato il populismo il protagonista della vittoria del “No”, ma la protesta sociale.

Infatti se le teorie populiste vedono come loro punto focale il rapporto particolare tra il capo e il suo popolo, con il voto del 4 dicembre abbiamo assistito alla sconfitta proprio di quel sistema plebiscitario che Renzi cercava di imporre spasmodicamente. Il populismo “dall’alto” ne è uscito molto male.

Nonostante la vittoria del NO il dibattito post referendario imposto nei vari comitati bergamaschi è stato a dir poco contraddittorio, non ha affatto analizzato i motivi della vittoria, ma ha solo teso a porre in discussione la possibile continuità dei comitati oltre il referendum. Il tema sotteso è stato quello di togliere di mezzo la struttura organizzativa che si era scontrata con il PD, il tema vero ovviamente era quello di superare la contrapposizione con il PD percepito, in tutto o in parte, nonostante tutto come un possibile alleato politico. In particolare l’ANPI, dentro cui vi sono state durante la campagna referendaria forti lacerazioni, pressato da più parti, ha ritirato il proprio patrocinio ai comitati e ha addirittura diffidato dall’usare le sigla dei comitati del NO le altre forze che ne facevano parte. Sono così stati sciolti ufficialmente i comitati Provinciale, di Treviglio e della val Cavallina, mentre altri continuano come nell’Alto Sebino/Valle Camonica la loro attività. Anche gli intellettuali che sono stati gli animatori di moltissime iniziative per il No hanno da subito ribadito il loro impegno a livello provinciale nel preesistente “Comitato per la difesa della Costituzione”.

Nei vari comitati è seguita una fase di stasi e confusione, ma anche di dibattito e riflessione, legata anche alla particolare stagione che la sinistra sta vivendo in Europa e in Italia. In particolare il comitato trevigliese, sciolto su pressioni di esponenti della sinistra del PD durante una riunione poco partecipata, si è poi più volte riconvocato e recentemente ha deciso di confermarsi, trasformarsi da “Comitato per il No al referendum costituzionale e contro  l’Italicum” in “Comitato per la difesa e l’attuazione della Costituzione”.

La discussione a questo punto in provincia di Bergamo si riapre, certo in un panorama difficile, ma in una situazione in cui possiamo dare un contributo decisivo. L’Altra Europa, le liste amministrative, i Comitati per la costituzione e le forze politiche della sinistra hanno oggi la possibilità di costituire anche a Bergamo concretamente quel quarto polo antiliberista di cui si sente tanto la mancanza. Come Rifondazione stiamo facendo molto, ma siamo coscienti che dobbiamo riuscire a fare di più.

Il COMITATO  per il  NO al referendum costituzionale e contro  l’Italicum,  di Treviglio e dintorni, non si è sciolto, ma continua la sua attività trasformandosi in “COMITATO PER  LA DIFESA E L’ATTUAZIONE DELLA COSTITUZIONE”.