Verso le manifestazioni del 5 novembre a Roma … per la Pace ma con Giustizia Sociale!
Riflessioni sul nesso da ricostruire tra politico e sociale
di Giovanni Carenza, attivista per la casa e militante di Rifondazione Comunista
Quella lanciata dalla Rete dei Numeri Pari è sicuramente una mobilitazione degna di nota innanzitutto per la rilevanza dei contenuti che essa solleva e pone all’attenzione dell’opinione pubblica e insieme per la rappresentanza sociale che esprimono le associazioni, i comitati e i sindacati che hanno aderito a questa rete.
Ancor più se pensiamo al contesto economico e sociale e al quadro internazionale in cui viene indetta questa manifestazione; guerra in Europa e non solo, che rischia di diventare un conflitto aperto tra grandi potenze e crisi economica con carobollette e inflazione oltre il 10% e un attacco sempre più pesante alle condizioni di vita e di lavoro di buona parte dei lavoratori e delle lavoratrici in Italia e in Europa.
Ne cito solo alcune di realtà che hanno promosso questa giornata; Rete dei Numeri Pari, Libera e la Casa Internazionale delle Donne, la Rete della Conoscenza, la Fiom e l’Unione Inquilini, Transform! Italia e Baobab Experience solo per fare alcuni esempi non potendole citare tutte le oltre 700 organizzazioni che finora hanno aderito.
<<La pace è lotta alle disuguaglianze>> dice bene Giuseppe De Marzo economista e coordinatore della Rete dei Numeri Pari, affermazione che fa il paio con quello che abbiamo sostenuto noi comunisti da sempre ovvero che non ci può essere Pace senza giustizia sociale.
La Manifestazione si terrà sabato mattina a partire dalle 11.00 a Roma in Piazza Di Vittorio, dove è in programma una Assemblea Popolare durante la quale interverranno molte delle realtà promotrici e da lì muoverà verso il corteo indetto dalla Rete Italiana Pace e Disarmo che sfilerà per il centro di Roma nel pomeriggio, chiedendo la fine delle ostilità, lo stop all’invio di armi a Kiev e l’apertura di un tavolo negoziale tra Russia e Ucraina.
La Rete dei Numeri Pari, da quando è nata cinque anni fa su impulso in particolare di Libera, è nata proprio con lo scopo di combattere le disuguaglianze e la povertà, raccogliendo il testimone della campagna per un reddito di dignità universale.
Oggi, la Piattaforma sulla base della quale è stata convocata la manifestazione del 5 novembre è articolata su sette punti; potenziamento del reddito di cittadinanza, salario minimo, diritto all’abitare, riforma del welfare, lotta alle mafie, no alla autonomia differenziata, utilizzo in chiave di sostenibilità sociale e ambientale dei fondi del PNRR.
La prima riflessione è che questo programma è in larga parte espressione dei bisogni e degli interessi diffusi di una miriade di gruppi e associazioni (sia locali che nazionali) che hanno fatto del volontariato, dell’ambientalismo più informato e in qualche misura del mutualismo e della auto rappresentazione dei bisogni sociali, il proprio metodo di azione e cifra politica.
La seconda riflessione che faccio è che ce ne è abbastanza per varare un programma ultradecennale di lotta contro le disuguaglianze e l’ingiustizia sociale; una nuova Agenda Sociale da contrapporre a quella neoliberista portata avanti da tutti i governi che si sono succeduti in Italia negli ultimi 30 anni. Una Agenda ambiziosa e capace di parlare in primo luogo ai 4 milioni di lavoratori precari e poveri di questo paese, ai quasi 6 milioni che vivono in condizione di povertà assoluta e ai 9 milioni di italiani che rischiano di diventarlo, oppure ai quei 10 milioni che hanno smesso di curarsi perché non hanno soldi da “spendere” in visite e interventi.
La terza riflessione riguarda la complessa vicenda sindacale italiana; una Piattaforma sociale come quella per cui scendiamo in piazza il 5 novembre chiede al sindacato non concertativo e conflittuale una presa di posizione netta e chiara. Serve uno sciopero generale contro la guerra e l’economia di guerra! Contro la precarietà e le morti sul lavoro! Contro le discriminazioni di genere e il ricatto del permesso di soggiorno per i migranti, il lavoro nero e il caporalato! Ma lo sciopero non basta, serve uno scatto da parte della Cgil e di tutto il sindacalismo di base e una linea sindacale che metta al centro le pratiche del conflitto di classe dentro e fuori il posto di lavoro e l’unità tra oppressi, così come abbiamo potuto vedere nella vertenza dei lavoratori GKN, piuttosto che i posizionamenti tattici rispetto ad un quadro politico e istituzionale sostanzialmente impermeabile alle istanze della classe lavoratrice.
L’ultima e per chi scrive almeno, più cogente delle riflessioni, è quella che indaga il rapporto tra politico e sociale. Certamente la sinistra radicale è quasi del tutto scomparsa dall’immaginario collettivo e ha perso quel profondo legame che aveva con larghi strati del proletariato e dei ceti più popolari. Non è questa la sede per indagare le ragioni di questa “disconnessione” sentimentale tra la sinistra di classe e il “suo” referente sociale fondamentale piuttosto preferisco sottolineare la questione della necessità improrogabile della costruzione di un soggetto politico unitario a sinistra capace di ricomporre le fratture prodotte da anni di sconfitte, scissioni alimentate talvolta da gruppi dirigenti settari e autoreferenziali talaltra da pezzi di ceto politico in cerca di poltrone facili e prebende sicure.
La Piazza del 5 novembre chiama anche e soprattutto i tanti e le tante che hanno riposto in tutti questi anni una speranza nella rinascita di una sinistra capace di riunificare gli oppressi e gli sfruttati a fare un passo avanti, a porsi concretamente in una ottica non più passiva e riluttante. Occorre rilanciare anche sul versante politico quella coalizione che sul piano sociale sta prendendo forma in questi mesi in aperta rottura con quella che è stata di fatto e in tutti questi anni di neoliberismo, l’Agenda dei padroni e del Capitale finanziario e di tutti i loro lacchè della politica nostrana uniti dalle stesse politiche contro i lavoratori.
Per migliaia di militanti e attivisti il progetto di Unione Popolare è potuto diventare occasione di riscatto e in parte anche di messa in discussione di antiche abitudini. Penso che in quella parte di società più cosciente e organizzata a sinistra stiano maturando i semi di una consapevolezza nuova ma già vista in altri momenti storici al tempo stesso. Dobbiamo continuare nell’immediato a lavorare nella direzione intrapresa come coalizione e a focalizzarci sul progetto di unità a medio e lungo termine con la consapevolezza che indietro non si torna e che di fronte alla richiesta di radicalità presente nel movimento contro le disuguaglianze occorre saper mettere in campo una maturità e una proposta politiche che segnino una netta discontinuità con le tante inadeguatezze che ci hanno imbrigliato e bloccato talvolta in una azione politica contraddittoria, debole e velleitaria.
Se non ora, quando? Il 5 novembre tutte e tutti a Roma!